No Panic ma Resilienza!
Tutto ciò che di fronte ad una forza dirompente oppone resistenza si logora, si spezza o viene abbattuto. Per lo stesso principio anche noi esseri umani quando siamo sottoposti a traumi, forti pressioni psicologiche, eventi critici abbiamo maggiori possibilità di preservare noi stessi e la nostra parte ben funzionate se cerchiamo un adattamento e una proattività verso l’evento avverso, piuttosto che fare un muro contro muro, pensando di poter resistere e sopportare. Questo perché resistere di fronte ad un lutto, un incidente, un abuso, una malattia, una pandemia non è certo nelle nostre capacità, sono eventi incontrollabili, esterni che piombano nella nostra vita nella maggior parte dei casi anche improvvisamente, lasciandoci in balia di noi stessi. Ma c’è un comando nascosto, un file che ci è stato dato in dotazione fin dalla nascita è la resilienza. È una competenza che potreste aver visto all’ opera in piccole occasioni della vita che hanno causato un aumento brusco di stress come ad esempio la fine di un amore, affrontare un esame importante, un licenziamento o la nascita di un figlio. La resilienza come tutte le competenze, può essere allenata e incrementata. quindi nei momenti di sconforto ricordiamoci che abbiamo le risorse per fronteggiare questo grande momento di crisi sia che stiate chiusi in casa, sia che siate in prima linea come operatore sanitario, o facciate parte di quella fascia di lavoratori che sta continuando a svolgere il proprio lavoro in un contesto completamente cambiato. Richardson ci spiega che in ognuno di noi esistono delle qualità resilienti “innate” e che queste ultime vengono differentemente rafforzate nel corso della vita di ognuno, attraverso momenti di sospensione dal nostro stato di equilibrio, sospensione dovuta al palesarsi di eventi traumatici e/o stressanti. Il processo resiliente in realtà è ben complesso, non sempre queste risorse efficaci riescono ad attivarsi ed è possibile avere reazioni disfunzionali come cadere in depressione, fare uso di sostanze, esporsi di nuovo al trauma. Vediamo quali sono i cosiddetti “fattori di protezione” da queste reazioni ugualmente naturali ma meno funzionanti. Ci proteggono o ci espongono (perché sono due facce della stessa medaglia) il temperamento, il sostegno affettivo, il coinvolgimento sociale. Il temperamento è legato ai nostri tratti distintivi, caratterizzanti, le risorse che distinguono una persona resiliente sono autostima, autoefficacia (la capacità di sentirsi in grado di agire nella propria vita) empatia, indipendenza, humor (lo avevamo incontrato anche nelle strategie di coping efficaci). Ma anche la capacità di ognuno di far fronte ad un problema (negazione, capacità di chiedere aiuto, avvilimento, fiducia in sé, capacità di darsi obiettivi, ecc.). Il sostegno affettivo è il nostro modo di vivere le relazioni: che legami ho con familiari e amici, quanto riesco a esprimere me stesso con loro e se ci sono dei punti di riferimento affettivi importanti nella mia vita. Il contesto sociale implica l’appartenenza a gruppi (faccio volontariato o sport, ricerco contesti di gruppo ecc.). Se caliamo tutto ciò nella realtà sospesa che stiamo vivendo, conto ormai più di 40 giorni che siamo chiusi in casa, e ogni giorno che si aggiunge è un peso maggiore che il nostro sistema psichico deve fronteggiare. Ogni giorno non è solo una giornata volata via in più è una maggior pressione a cui sottopongo il mio sistema resiliente, siamo ormai scivolati in una “zona rossa” emotiva, che è l’epicentro del nostro evento critico. Dovrebbe essersi ormai palesato in ciascuno di noi il modo predominante di affrontare questa emergenza, forse sul temperamento non avete scoperto nulla di nuovo o magari invece vi siete stupiti nel vedere come riuscite a darvi obiettivi e ad adattarvi alla nuova quotidianità, magari anche occupando il tempo in modo piacevole, a riscoprire passioni lontane (scrivere, pitturare, fare lavori di bricolage), a dare coraggio alle persone a voi care. Ciò che è sicuro è che il sostegno affettivo e il coinvolgimento sociale ce lo ha consegnato direttamente la pandemia. Il problema per le vittime di traumi è proprio la difficoltà di poter condividere con qualcun altro ciò che hanno vissuto, nella maggior parte dei casi sono state e rimangono nell’ elaborazione del trauma da sole, si sentono non comprese, si sentono sbagliate per ciò che provano perché non hanno nessuno che li faccia da specchio, ecco perché in molti casi i gruppi di incontro sono di grande aiuto. La cosa incredibile è che questa esperienza dell’isolamento, della paura, lo stiamo vivendo tutti nello stesso momento. I nostri familiari, i vicini di casa, i colleghi di lavoro tutto il nostro mondo parlerà lo stesso linguaggio emotivo. Tutti lo hanno vissuto sulla propria pelle, e ognuno avrà trovato le sue strategie per fronteggiarlo. E’ come se nell’ evento critico fosse contenuto già parte della possibilità di fronteggiarlo…la condivisione, l’essere gruppo! Questo avrà un valore fondamentale quando ci sarà da rimettere insieme i pezzi di tante esistenze sconvolte.
Non siate quercia siate giunco, non siate tempesta siate acqua di ruscello.